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La cultura del fare e i giovani

Li vedi barcollare come zombi, se passi nelle vie del centro tra le ore 22 e le prime luci dell´alba. Ma non sono zombi sono ragazzi, studenti liceali, universitari, oppure nullafacenti... chissà. Girano spesso armati delle loro lattine di birra o fiaschette di gin. Ogni tanto emettono suoni, latrati, non parole. E consumano così il loro tempo, la loro salute, le loro potenzialità di realizzare se stessi e implementare il mondo. Come vogliamo chiamarla questa singolare piece teatrale recitata non da attori ma da persone vere? Noia? Malessere sociale? Disagio giovanile? Molte definizioni ci possono stare ma a noi ora serve un´espressione sintetica che colga la natura del problema. Proviamoci: "mancanza del fare".

Fare non sembra una parola tanto nobile eppure lo è. Fare, sia in greco che in latino, significa un sacco di cose: costruire, indurre, parlare, lavorare, immaginare, faticare, creare... Fiat lux! E sia la luce, ordina Dio, nel supremo attimo creativo, quello del big bang. Ecco, mancanza del fare allora può parafrasarsi nel: perdere le connessioni tra pensiero e azione, dimenticare (o voler dimenticare) chi si è, non sapere dove andare nè dove vanno gli altri (perchè ci si mette nell´impossibilità di comunicare e interagire). Diciamo tutto in una frase: mancanza del fare è... assenza di cultura.

Secondo me l´ente pubblico ha pochi compiti da portare avanti. Pochi ma essenziali. Uno di questi è occuparsi della cultura. Ma sul serio. Se siamo d´accordo che cultura è il "fare", allora dobbiamo fare in modo che i nostri giovani "facciano". Se la notte stimola le riflessioni e i pensieri creativi allora preoccupiamoci che di notte le persone, se non hanno sonno, riflettano, creino. La birra può anche rappresentare uno strumento di convivialità, ma da strumento non può trasformarsi in fine.

In Trentino le iniziative culturali non mancano di certo, anzi. Ma spesso sono calate dall´alto, a volte magari poco opportunamente, e quindi vissute con distacco da chi dovrebbe riempirle di significato. Bisogna che i cittadini siano resi più protagonisti delle scelte culturali, evitando che sia sempre l´ente pubblico a "decidere a tavolino". E bisogna inoltre che nei prossimi anni l´austerità, che inevitabilmente si abbatterà anche sulla nostra provincia, non penalizzi le risorse destinate alla formazione e alla trasmissione di valori, arti e conoscenze... Se ci sarà penuria di soldi sarà necessario amministrarli meglio, con più avvedutezza ed efficienza... quei soldi. E si dovrà infine legiferare per trovare la quadra tra giusto rispetto della quiete pubblica e sacrosanto diritto di vivere (anche di notte) in una città viva. Perchè un territorio vivo, cioè colto e creativo, è un salvavita. E´ l´antidoto contro lo "svaccamento", il primo passo di un percorso verso quel vuoto morale che dobbiamo sforzarci assolutamente di riempire.

francesco pisanu - 12/10/13

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