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Una sterzata nella politica culturale trentina

C’è un po’ di disagio nella politica culturale in Trentino, forse anche per i buchi (voragini?) di qualche ente... Ma il problema di fondo della nostra politica culturale è "culturale": il permanere in amministratori, enti, associazioni di una mentalità ancorata a un modello economico che non c’è più. La riduzione delle risorse è inevitabile. La crisi è europea, italiana... e pure nostra. Eppure ci comportiamo come non esistesse, perseverando in errori che ora possono costarci cari. Quali errori?

1. Autoreferenzialità. Le nostre politiche culturali si basano sul "narcisismo territoriale": ci piace fare spettacoli, concerti, eventi, studi e ricerche che ci rendono belli in loco, tra Borghetto e Roverè. Così la maggior parte delle iniziative nasce e muore in Trentino. E´ frutto di una mentalità che deriva dall´opulenza di un tempo che fu: finanziamo qualsiasi cosa purchè si svolga qui (e magari generi consenso...). Una politica costosa. E incoerente: cultura è scambio, sana concorrenza, non autocontemplazione.

2. Esterofilia. Concimiamo (con generosi contributi) il nostro orto e poi gli ortaggi li compriamo da un’altra parte, come l´inno dei Mondiali di Fiemme. Siamo andati fino in Bosnia per farci rifilare dal Bregovic una polka sbarazzina al modico prezzo di 350 euro al secondo. Forse non ci si fidava dei prodotti nostrani? Ma allora perchè coltivarli? Anche questo comportamento paradossale trae origine dal nostro ricco passato. Si esige il musicista o l´architetto strapagato, purchè venga da fuori. Velleità che sa di provincialismo, con sostanziale svilimento delle eccellenze locali.

Che fare? L´Assessorato provinciale deve sollecitare un cambio di rotta ai principali operatori culturali, incluso e specialmente il Centro Santa Chiara. Al di là delle magagne amministrative (che siano risolte una volta per tutte) è proprio il Centro l´organo funzionale da cui dovrebbe irradiarsi per primo un cambiamento di mentalità, un nuovo metodo nel coordinamento e nella veicolazione dei prodotti culturali. Non si fa politica culturale accontentandosi di comodi spettacoli e concerti pre-cotti acquistati fuori provincia. Politica culturale è anche aiutare le produzioni locali meritevoli a espatriare. Politica culturale significa negoziare con gli altri operatori nazionali e internazionali non solo acquisti, ma scambi: tu, Verona, mi dai il tuo prodotto; io, Trento, ti do il mio. Così si risparmia e si immette vitalità nel nostro sistema culturale. E si evita di continuare a fare la figura degli allocchi, comprando tutto quello che viene da fuori a peso d’oro, senza mai preoccuparci di esportare anche noi qualcosa. La “sterzata culturale” sarà possibile se il mondo culturale trentino (dagli assessorati, agli enti, fino alla piccola associazione) sapranno immettere nei rispettivi ruoli una dose di prassi imprenditoriale, efficienza, razionalità economica. Non è cosa agevole, perchè occorre rimboccarsi le maniche. Tuttavia è la strada per revitalizzare una realtà che non può più permettersi di disperdere risorse.

francesco pisanu - 26/03/13

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