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LE ALBERE E LA CITTà IDEALE

Nel Rinascimento vagheggiare la città ideale era quasi una moda intellettuale: la città del Sole, l´isola di Utopia... luoghi in cui tutto funzionava alla perfezione. La gente viveva virtuosamente: tutti osservavano la stessa dieta, ricevevano la stessa educazione, si divertivano allo stesso modo. Le case poi dovevano essere il più possibile uguali per non suscitare invidie. Il celebre dipinto del Laurana ci rappresenta graficamente il suo "ideale" di città ideale. Una bellissima e algida piazza, con palazzi maestosi e incontaminati dal tempo, pareti di marmo bianchissimo, strade immacolate e soprattutto... vuote. Le città ideali sono ovviamente vuote. Gli uomini, se non sono costretti, non vanno ad abitare ambienti senza tempo, senza storia, creati "by scratch", da un ghiribizzo di megalomania.

E allora, veniamo a Trento. Spinti dall´ansia di rivitalizzare il Rinascimento ci siamo messi in testa di creare una nostra piccola città ideale, alle Albere. Così, per fare le cose per benino, si è cercato l´architetto di grido, lo si è strapagato... e poi via con ruspe, escavatrici, betoniere... et voilà, pronta la città. Vuota. Sono passato a vedermela un po´ e devo dire che mi fa venire in mente situazioni letterarie alla Orwell, alla Bradbury... Strutture abitative tutte uguali in cui potrebbe vivere una comunità irregimentata. Ci manca solo il panopticon, l´occhio del Grande Fratello, che ti controlla dall´alto a che ora torni la sera o se fai il jogging come tutti gli altri alle sei del mattino. Mentre mi aggiravo solingo per la nostra città ideale mi pareva di vivere un´esperienza virtuale, circondato da strutture replicate a pattern, immerso nello scenario di un videogioco. Così mi chiedevo: ma quanto mi farei pagare per vivere in un posto come questo? Un posto dove non c´è posto per nulla perchè tutto è predefinito, rigido, intoccabile... e devi guardare i numeri civici per individuare la porta di casa.

E allora ho pensato a Barcellona. Dal porto la puoi osservare che si stende tra le lievi alture. Vedi il profilo dei palazzi: non c´è una casa uguale all´altra, le chiese asimmetriche, i muri come spruzzi colorati tra un verde naturale poco educato. Un po´ pazza Barcellona, come il suo genio architetto, quel Gaudi che ne ha esaltato l´imprevedibilità con le sue opere visionarie. Ecco, Barcellona mi ricorda un´orchestra con tanti strumenti che suonano note diverse e che insieme fanno una sinfonia. Ma anche se giro per via Bellenzani ho l´impressione di sentire dolci polifonie di un quartetto d´archi. Ma qui, in questo quartiere calato dall´alto, possibile location per un remake di Fahrenheit 451.... la sensazione è quella di un ring-tone del telefonino.

francesco pisanu - 05/09/13

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