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Leonardo sì, Beethoven no!

ovvero: siamo un popolo senza cultura musicale, grazie alla scuola

Se chiedo a un campione sociale assortito di 100 italiani chi è l´autore della Gioconda oltre 90 risponderanno Leonardo. Se allo stesso campione chiedo chi ha composto l´Inno alla gioia la quasi totalità non saprà nemmeno di cosa sto parlando (a quella schiacciante maggioranza rivelo che si tratta del motivetto eletto a inno dell´Unione Europea e che è di Beethoven). Perchè dovrebbe meritare interesse l’esito verosimile di questo mini-sondaggio virtuale? Perchè in un qualsiasi altro paese dell´Europa, e probabilmente del mondo, il nome di Leonardo evoca un genio della storia dell´umanità, esattamente come lo evoca il nome di Beethoven. Solo in Italia Beethoven è il cane del film, Gluck è la via del Celentano, Verdi è il faccione che stava sulle mille lire. Eppure sono artisti universali e nulla per rilevanza culturale hanno da invidiare a Brunelleschi, Leopardi o Picasso. Ciò nonostante quasi tutti gli italiani, anche i più acculturati, non ne sanno niente, nè questo non-sapere costituisce per loro un problema. Vediamo come mai.

L´ignoranza in Italia della musica, come fattore culturale fondamentale, è abissale e unica in Europa. Alla base c´è una strutturale deficienza scolastica ispirata da un insensato pregiudizio ideologico dei nostri maitre à penser del primo ´900 (da De Sanctis a Croce e Gentile...): per loro la musica è un sottoprodotto dell´arte, una realizzazione dello spirito inficiata da tecnicalità, non in grado di competere in purezza col resto della cultura umanistica e quindi da esiliare in scuole specialistiche. Così generazioni di italiani si sono formate senza l´apporto di una delle più fondanti discipline del pensiero, privati della minima consapevolezza del vitale rapporto interattivo tra musica - filosofia - letteratura - arti figurative e plastiche.
Ma è davvero utile parlare di queste cose? Lo è perchè ci sono migliaia di studenti in Trentino che frequentano scuole superiori dedicando una parte consistente del loro tempo a latino, storia dell´arte, filosofia, letteratura italiana e straniera... Queste non sono materie che ti iniziano a un mestiere, sono materie che ti aprono orizzonti culturali. E se quegli orizzonti sono limitati da una carenza didattica quegli studenti riceveranno dalla scuola un prodotto formativo incompleto, qualitativamente inferiore a quello dei loro colleghi tedeschi o inglesi. Ma come si può trattare esaurientemente il movimento romantico senza considerare la musica che ne è stata il motore ideale e sentimentale? Ma come si può parlare di Nietzsche senza conoscere Wagner? Ma come si può contestualizzare un dipinto del Settecento veneziano o un poema del Metastasio senza riferimenti al melodramma barocco? E che dire del Jazz, progenitore indiscusso delle forme musicali che ora innervano la globalizzata cultura giovanile?

La musica è cultura e conoscerla ci aiuta a capire il mondo nostro e quello dei nostri padri. E´ necessario che si studi nelle scuole superiori. Se vogliamo distinguerci da Roma l´introduzione (in qualche modo) della cultura musicale nei licei trentini sarebbe una vera occasione, di contenuto superiore alle stucchevoli contese sul 5 in condotta. La scuola è appena ricominciata i tempi sarebbero buoni per un dibattito. L´assessore Maestri aveva intrapreso iniziative per sensibilizzare al tema: bene, se c´è batta un colpo! Anticipo una precauzione: attenzione, insegnare la storia della musica non è facile. I conservatori hanno prodotto buoni specialisti ma non tutti con la sensibilità sociale e concretezza necessarie per interagire con gli studenti. In altre parole: la musica è comunicazione e i suoi contenuti non vanno trasmessi come astrazioni, ma come vita! I barbagianni sono una risorsa per gli zoo, ma dietro una cattedra possono creare danni, cioè rendere la musica proprio ciò che non è: tristemente noiosa. E allora saremmo daccapo. (sul quotidiano il Trentino del 15/9/12)

francesco pisanu - 02/03/13

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